La mia foto
PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea, dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.) e fin da ragazzo frequentatore della montagna, costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

mercoledì 26 agosto 2015

^^montagna: "VIA PINELLI-RAMORINO"


Lo scritto prima del video è insolitamente lungo rispetto al mio modo di raccontare, su questo "diario/blog", di cose montagna e di alpinismo. Ciò è dovuto al fatto che ho voluto condividere le emozioni, i pensieri e le considerazioni vissute in prima persona, relative ad un episodio che fortunatamente alla fine ha avuto come conseguenze solamente un grande spavento per me.

VIAGGI PARALLELI

1. VIAGGIO ALPINISTICO
Viaggio in una zona vasta e remota del Gran Sasso d'Italia, il versante sud della Vetta Orientale del Corno Grande sulla "PINELLI-RAMORINO", la via alpinistica che abbiamo scelto di scalare.
Io e mio fratello Italo preferiamo trascorrere la notte al "Bivacco Bafile", piccolo ed ospitale parallelepipedo in lamiera verniciata di rosso, in modo tale da poter iniziare il lunghissimo giro alpinistico che ci siamo proposti di fare appena subito dopo l'alba del 23 agosto 2015.
Trascorsa la notte, o meglio, non ancora finita la notte e cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare gli altri ospiti, ci sfiliamo dalle brande ed usciamo dal piccolo riparo facendo prima una rapida colazione e poi finendo di preparare gli zaini all'aria fresca e sotto un cielo sereno di stelle. Meglio così, perchè per tutto il tardo pomeriggio di ieri la montagna era avvolta da cupe nuvole scure e nebbioni vaganti.
Fattosi giorno nel frattempo, siamo pronti. Ci leghiamo quindi in cordata per iniziare.
La prima parte è l'avvicinamento che avviene su un'espostissima cengia, l'Alta Via del Gran Sasso (A.V.G.S.), che già di per se soddisferebbe le esigenze di montagna di un alpinista. Questa esile striscia si fa strada in un labirinto verticale trovando passo dopo passo un "logico" (alpinisticamente parlando) tracciato quasi orizzontale, chiave di volta che apre le porte di questo angolo solitario e lontano della montagna.
Noi due assolutamente non sottovalutiamo il fatto che nonostante a livello altimetrico stiamo compiendo un lieve saliscendi continuo, nella pratica stiamo facendo dell'alpinismo in orizzontale su massima esposizione e su terrenno poco solido. Per superare un deciso spigoletto rinforzo con nostro cordone verde portato apposta, un vecchio e molto logoro canapone che fungeva già da tempo da indispensabile corda fissa.
Prima con passaggi sopra due strette gole rocciose che precipitano giù in basso, una delle quali fuorviandomi mi ha fatto perdere del tempo per risalirla e quindi ridiscenderla, poi su esposti e lunghi traversi su pietrisco sdrucciolevole e ripidi pratoni, ed infine con una breve calata in corda doppia, in un ambiente davvero selvaggio, giungiamo all'attacco della nostra ascensione.
Ora ci aspetta la scalata, essenza del nostro viaggio, nel cuore di questo panorama al tempo stesso grandioso ed intimidente. Le immagini d'intorno che ci passano dagli occhi, vengono registrate nella mente in un'alternanza di sensazioni di meraviglia ed una sorta di timore reverenziale.
Abbiamo con noi delle relazioni scritte tratte da pubblicazioni, però preferisco dar retta alle dritte che l'amico Gabriele Di Falco detto il "Pontifex", che ha arrampicato già queste rocce, mi ha suggerito qualche giorno prima della partenza: "Tenetevi sempre poco a destra del filo di cresta del pilastro arrotondato e non allontanatevi mai da quella linea.". Così faremo, verificando per altro direttamente sul campo il completo pressappochismo a riguardo della descrizione di questa scalata degli scritti sulle varie guide stampate ed edite.
La Pinelli-Ramorino è davvero una bella scalata, classica, che va a sfruttare i punti di resistenza più deboli di questo gigantesco pilastro roccioso che fa da spartiacque tra il Canalone Haas-Acitelli ed il Canale Sivitilli.
Vista la morfologia dell'ambiente nel quale ci si trova, posso dire che la roccia tutto sommato non è male. Questo non significa che ci si può muovere allegri ed a cuor leggero in maniera superficiale come se ci si trovasse su di una falesia di solido calcare attrezzata a spit:
no!
Qui ogni movimento deve comunque essere soppesato, ogni singola presa ed ogni singolo appoggio deve essere assolutamente valutato prima di essere caricato per cercare al massimo di non correre il rischio di staccare pericolosi sassi per chi è sotto.
Qui "è doveroso spostarsi verso l'alto in modo circospetto, lento, ragionato e mai con foga ed aggiungo, azzardandomi a dire, con una sorta di "rispetto" nei confronti della montagna.
Nell'andare delle sfilate di corda che in alternanza come capi-cordata io ed Italo saliamo, nella concentrazione assoluta e nel piacere dei movimenti fisici che diventano pensieri, il tempo pare non scorra più. Gustiamo a pieno questo andare dei minuti che si trasformano in ore fino alla fine delle difficoltà alpinistiche.
Arrivati a questo punto, sempre sulle guide cartacee scritte delle quali deprecavo il pressappochismo poco sopra, si legge (testuali parole): "...facile cresta...".
Nel corso del tempo nella frequentazione in maniera alpinistica della montagna, ho imparato a diffidare molto delle parole scritte o dette che descrivono tratti di scalata come facili oppure intuitivi.
Infatti così è stato, perchè bisognava ancora percorrere profili di creste con movimenti tecnici di sicuro non difficili, ma dalla roccia davvero triturata, fatta di canali di ghiaie mobilissime, cengie tutt'altro che solide, passaggi fino all'ultimo esposti, e non era quindi davvero il caso di allentare solo per poco la concentrazione.
Anzi, per non essere superficiali proprio alla fine, abbiamo preferito transitare in questa zona ancora legati in conserva attiva, se non anche in qualche punto con qualche passo in cordata.
Cautamente e senza fretta ci siamo lasciati dietro alle spalle anche questa fase non banale e di lì a poco siamo usciti sulla ferrata "Ricci", poco sotto la Vetta Orientale del Corno Grande.
Soddisfatti e stanchissimi fisicamente e nello spirito, arrivati in quel punto dopo diverse ore di lavorio, la testa può finalmente mollare. E' vero che ci attendono ancora un paio d'ore e mezzo di sudato cammino montano prima di tornare al piazzale dell'albergo di Campo Imperatore, però questo ultimo sforzo quanto meno è stemperato dai bei panorami che questo lato del massiccio offre con il Ghiacciaio del Calderone, quest'anno ridotto ai minimi termini, ed il Passo del Cannone.


2. ALTRO VIAGGIO.
Bisogna legarsi praticamente già prima d’incontrare l’attacco della “Pinelli-Ramorino” perché nell’avvicinamento si deve percorrere una esposta, esile ed inclinata cengia coperta di detriti che attraversa ripidissimi canali a volte anche verticali, sulla quale a tutti gli effetti si pratica alpinismo orizzontale.
Questa cengia inizia proprio alle spalle dal piccolo rifugetto metallico nel quale abbiamo appena trascorso la notte. Fare alpinismo orizzontale nel concreto significa che nella progressione pur non guadagnando neanche un metro verso l’alto, vista l’aleatorietà del percorso è meglio avanzare più lentamente e prudentemente legati in cordata.
Così in quest’ambiente severo e selvaggio, che al contempo incute un po‘ di timore e stimola la nostra curiosità, circospetti avanziamo nelle nostre sfilate di corda verso il punto di vero e proprio inizio della scalata.
Ad un tratto mi sembra di udire delle voci.
Sarebbe insolito, perché in questa zona del Gran Sasso d’Italia non è come in altre più accessibili dove spesso capita d’incontrarsi con altre cordate.
Di lì a qualche minuto ecco comparirci poco dietro un trio di scalatori, anch’essi legati, ma che procedono in maniera più allegra rispetto a quello che stiamo facendo noi, cioè senza posizionare alcun tipo di protezione, che a mio modo di vedere è un po’ imprudente.
Come accade di solito ci si saluta e reciprocamente si chiedono le rispettive destinazioni arrampicatorie: anche loro vanno sulla Pinelli-Ramorino, che combinazione! Nello stesso giorno, in un posto così isolato due cordate sulla stessa via !
In genere una cordata non gradisce averne un’altra sopra: primo perché potrebbe essere rallentata da questa, e secondo perché potrebbe ricevere addosso pietre fatte cadere dagli altri se pur involontariamente. Comunque ora ci troviamo assieme e facciamo buon viso.
A questo punto il primo del trio capisco avere intenzione di superarci, allora gli faccio notare che su questo tipo di terreno è meglio che rimangano dietro ed evitare quindi inutili sorpassi, ed aggiungo di recuperare i suoi secondi da un comodo punto di sosta poco dietro di noi.
Quello fa finta di nulla e come se io non avessi parlato, con il suo andare veloce supera me ed Italo. Anche se i suoi due secondi lo invitano a rallentare. Dall'accento della loro cadenza devono essere Aquilani o dei dintorni.
Niente da fare, va avanti con il chiaro intento di volerci lasciare indietro, tanto che ad un certo punto si verifica questa situazione: questo tipo davanti con la sua corda che lo unisce ai suoi amici tesata nel vuoto a mo’ di teleferica su uno stretto canalone, e mio fratello ed io in mezzo a loro.
Visto che questo tipo vuole superare, dico ad Italo che è meglio fermarci, lasciarli passare e quindi accodarci: non m’interessa competere, non ha nessun senso. Non ho intenzione di creare uno stupido clima di polemica e di inutile e poco intelligente rivalità.
Da quel punto in poi la nostra cordata letteralmente tallonerà la loro, tant’è che nei tratti più impervi dovevamo anche noi attendere che loro facessero i passaggi con calma e ripeto, per evitare di creare un'atmosfera tesa nonostante il comportamento aloinisticamente maleducato del primo, noi scambiamo ben volentieri quattro chiacchiere con gli altri, proprio in quei momenti nei quali ci si trova vicini.
Finalmente arriviamo all’attacco della “Pinelli-Ramorino”, l’avvicinamento è terminato.
Il tempo di mettere qualcosa sotto i denti, bere un sorso dalla borraccia e siamo pronti a partire per la vera e propria scalata nella quale, com’era accaduto per il tragitto sulla cengia, siamo sempre alle costole del trio. Addirittura in certi momenti abbiamo dovuto fermare del tutto la nostra progressione perché quelli sopra di noi erano davvero lenti.
Mi domandai: come mai quell’atteggiamento di fretta e di velocità mostrati prima?
Certo è che quando una cordata è tallonata da un’altra più veloce, e ripeto che non è il massimo averne una sopra la testa, per questioni di buon comportamento cavallerescamente dovrebbe lasciarsi sfilare avanti i più veloci, similmente a come farebbe l’autista di un mezzo pesante che in un tratto di salita, dov'è possibile, si lascia sorpassare dalle automobili per non creare un intoppo; al di là di tutto è semplicemente una questione di buon senso e basta.
Vista quella loro fretta nell’avvicinamento, pensavo quindi che quel trio fosse un fulmine di cordata super veloce.
Macchè, andavano davvero piano e nelle soste mentre il loro primo scalava i due secondi per far riposare i piedi costretti nelle aderentissime pedule se le toglievano anche, mentre noi eravamo spesso immediatamente fermi dietro di loro in attesa che loro si muovessero. Inoltre il loro primo in ogni sfilata di corda fino ad allora effettuata non aveva mancato di far cadere qualche sasso che fortunatamenet per conformazione morfologica di quell'immenso pilastro arrotondato, non era venuta addosso a noi quattro giù in basso.
Su una via alpinistica non è che si può andare spostandosi a destra ed a manca a proprio piacimento, la linea da seguire è una sola con dei passaggi spesso obbligati, quindi volenti o nolenti ci toccava battere il passo dietro.
Italo ed io fino a quel momento avevamo scalato a comando alternato, in quel tratto di parete toccava a me.
Stò per arrivare in sosta del quarto tiro. Poco sopra di me c'è il trio che ci precede ed il punto di sosta, già scomodo, è occupato dai tre. Se dovessi andarci anch'io sarebbe davvero una gran confusione.
Decido quindi d'indirizzarmi verso un solido spuntone di calcare a tre-quattro metri sulla mia destra.
Per un attimo, un attimo solamente, vedendo una bella fessura vicina mi passa per la testa di andarci a posizionare prima un friend e poi usare lo spuntone però così facendo ritarderi di qualche secondo la mia autoassicurazione.
Trovandomi a portata di mano il piccolo ma solido blocco monolitico, sfilo una mia lunga fettuccia, gliela passo attorno, ci posiziono un moschettone e mi autoassicuro. Il tutto fatto in una serie di gesti oramai automatizzati durati al massimo qualche secondo.
Intanto il primo della cordata che ci è avanti, il giovane Gabriele (che non ho mai conosciuto prima ma ho ascoltato chiamarlo dai suoi compagni durante la salita), riparte.
Sto per iniziare ad armeggiare ad attrezzare la sicura per mio fratello Italo che in questo tiro era secondo di cordata, che dall'alto da quello che sta salendo arriva il forte urlo che dice "SASSO!".
D'abitudine non guardo in alto, mi rannicchio, mi schiaccio, mi chiudo contro la parete ad offrire in tal maniera la minor superficie per un eventuale impatto.
Altro che eventuale, un attimo dopo un fortissimo colpo rumorosamente mi percuote sul casco, è stato talmente forte che dopo mi dirà di averlo ascoltato anche Italo che era una quarantina di metri più in basso.
Tutto è avvenuto in un lasso di tempo nettamente inferiore a quello che si impiega per leggere queste ultime righe.
Come un'onda velocissima, una frustata, sento propagarsi il colpo per tutto il corpo fino ai piedi e quindi mi sento sbalzare via dalla mia posizione: nettamente percepisco il piccolo arco di pendolo che faccio appeso con perno sul punto di sosta, quello spuntone sul quale poc'anzi mi ero saldamente fissato.
Se avessi indugiato per qualche secondo prima, ed invece di proteggermi su quel grande masso avessi perso qualche manciata di attimi in più nello scegliere il friend e poi posizionarlo nella fessura come m'era balenato in mente, dopo l'impatto con il sasso avrei fatto un volo giù in basso di almeno una decina di metri dato che l'ultima protezione doveva trovarsi a più o meno cinque metri sotto.
L'impatto del sasso è stato molto violento: sono intontito ma meno male sento di essere solidale con la parete, tutto il sistema di "autoassicurazione" ha tenuto.
Uno dei due secondi dell'altra cordata, Luciano (anche lui mai conosciuto prima ma del quale ho imparato il nome in salita), che evidentemente ha assistito a tutta la scena, capisco essere molto scosso da quello che ha visto e mi si avvicina per sincerarsi delle mie condizioni. Parla, forse mi urla pure, ma in quei primi secondi, o forse minuti, sono isolato in un mio mondo ovattato e non sento nulla preso dai mille pensieri che vorticosamente si sovrappongono affardellandomi la mente.
Mi appoggio con il petto alla roccia che ho davanti a ritrovare un po' d'equilibrio.
Mi cola del sangue dalla testa, mi ronzano le orecchie e tutto quello che c'è attorno gira.
Un po' alla volta capisco che devo iniziare a reagire, a pensare, devo fare cose.
Appoggio per bene i piedi, trovo prese per le dita che per un momento mi sembrano non voler rispondere ai miei comandi. Mi rimetto dritto.
Mi sento frastornato come un pugile pestato per bene.
Con timore tocco con le mani il casco nel punto d'impatto, non è rotto e non capisco da dove coli il sangue.
Piano mi tolgo la protezione per la testa. Tastandomi con cautela il cranio sfioro fortunatamente solo una lacerazione della pelle.
Un po' alla volta in me inizia a ritornare la calma a fugare questa botta fisica ed emotiva che è stata durissima.
Tampono alla meglio l'escoriazione sulla testa, bevo molto perche sento la gola arsa e mangio qualcosa di zuccherato.
Il secondo dell'altra cordata, quello che aveva mostrato premura, ci dice che da quel momento in poi andremo assieme tutti e cinque delle due cordate fino alle macchine a Campo Imperatore. Si sincera verso di me domandandomi ancora come va, aggiungendo che il suo amico non ha fatto a posta a far cadere il sasso.
Ci mancherebbe, non ho mai pensato una cosa del genere! Pratico alpinismo da tempo e qualche volta anch'io inavvertitamente ed involontariamente ho fatto scappare qualche pietra da sotto i miei piedi, sono cose che possono accadere per quante precauzioni ed attenzioni si possano prestare. E' l'ambiente nel qualde ci si muove che è così. Non è questo il punto, ma ben altro.
Il suo giovane amico, che aveva una immotivata fretta indiavolata già nel tratto di avvicinamento, con il suo comportamento avventato ha dimostrato ampiamente di essere molto immaturo nella gestione di una vera scalata in un ambiente montano severo e remoto, ed in particolar modo ben sapendo che sotto di lui c'erano altri quattro scalatori. Il sasso ha colpito me, fortunatamente senza conseguenze, ma poteva colpire qualsiasi altro. In un ambiente del genere ci si muove in maniera circospette, prestando la massima attenzione nel cercare di essere delicati negli spostamenti, come se ci si dovesse camminare sulle uove stando attenti però a non farle rompere, non come lo è stato lui che, ripeto, in ogni sfilata di corda ha fatto cadere in basso più di una pietra che noi poi sentivamo prima volare fischiando per poi perdersi rumorosamente rimbalzando o rompendosi più volte nelle strette gole a precipizio. Punto.
Ho avutola netta sensazione che Gabriele, il giovane primo della cordata dei tre, si muovesse su questo terreno chiamato tecnicamente "d'avventura,dove sottolineo per l'ennesima volta ci si deve muovere con rispetto della montagna e soprattutto per gli altri che ci sono sotto, come se invece si trovasse in una sicura palestra/falesia d'arrampicata di roccia ben solida dove gli errori ed i propri movimenti affrettati praticamente non possono avere effetto alcuno su altri presenti.
Comunque, davvero apprezzo molto le parole di Luciano, il secondo che si è sincerato delle mie condizioni, e le sue intenzioni: assistere una persona, in questo caso il sottoscritto, che se mostrava di essersi ripreso, è cosa giusta. Potevano comunque verificarsi delle conseguenze a scoppio ritardato, che fortunatamente non ci sono poi state.
O meglio, mi correggo, sarebbe stata cosa giusta perchè i tre sono andati avanti e non li abbiamo più rivisti.
Belle le sue parole, ma appunto parole senza fatti.
In quei momenti, dopo quello che avevo passato, mi sono sentito di proseguire sulla finale cresta frastagliata e di roccia rotta, seppur tecnicamente non difficile, protetto da una conserva attiva e nei passi più esposti anche in cordata.
E' andata bene.


lunedì 17 agosto 2015

^^montagna: "VIA MORANDI ALLA EST"


Ripetiamo la Via Morandi sulla parete est del Corno Piccolo (Gran Sasso d'Italia), gia scalata tre anni fa.
Man mano che si procede verso l'alto la roccia diviene progressivamente sempre più marcia, per non dire pessima.
In discesa, nel Vallone delle Cornacchie, tra il Passo delle Scalette e la Madonnina siamo stati colti da un corposo temporale che ci ha "mitragliati" con i suoi chicchi di grandine sparati dal forte vento.

domenica 16 agosto 2015

--immersioni: "NATRIX: IL SERPENTE APNEISTA"


Natrice tassellata è il nome scientifico di una specie di serpente che vive presso le sponde di bacini d'acqua dolce.
Lungo circa un metro, è caratterizzato dalla testa schiacciata, di forma triangolare e dalla pigmentazione del corpo formata da piccoli riquadri un po' più scuri che risaltano.
Le sue abitudini predatorie lo portano a cacciare anche sott'acqua, ed è proprio durante un'immersione nel Lago di Albano che l'abbiamo incrociato nella fase finale della nostra immersione, ad una profondità di 5-6 metri, mentre girovagava sott'acqua in cerca delle prede delle quali si nutre.

mercoledì 12 agosto 2015

^^montagna: "TOCCATA E FUGA"


Per l'ennesima volta in questa estate, i vari previsori meteorologici erano concordi nell'affermare che domenica 9 agosto '15 su tutta l'Italia centrale, ed in particolare nei suoi rilievi montuosi, già dalla tarda mattinata c'erano alte probabilità che si potessero verificare intensi fenomeni temporaleschi.
Dato che le vette del Gran Sasso sono le maggiori di tutta la catena, se volevamo andare a scalarvi su dovevamo per forza di cose partire presto in mattinata e sceglere un itinerario con avvicinamento e rientro veloci.
Il versante nord del Corno Piccolo soddisfa queste condizioni, quindi la nostra scelta si è indirizzata sulla via "Gigino Barbizzi", già percorsa altre volte, varia nell'arrampicata e con la lunga fessura del tiro d'attacco da non sottovalutare.
Comunque la nostra ascensione è stata sempre dando uno sguardo al cielo attorno nel quale un po' alla volta, con lo scorrere dei minuti e delle ore, si vedevano progressivamente addensarsi nuvoloni sempre più corposi e scuri. Avevamo la sensazione di essere tallonati dalle piogge, delle quali abbiamo preso qualche gocciolone nella scarpinata di rientro.

lunedì 10 agosto 2015

^^montagna: "KIKOS"


Questa via alpinistica si sviluppa nella sezione di destra della parete nord del Corno Piccolo (Gran Sasso), e si snoda sulle placche dello spigolo che delimitano sulla sinistra il ripido canale dov'è corre un'altra via alpinistica, la "Saladini-Florio". Offre difficoltà tecniche nei singoli tratti, o passaggi, fino al V° superiore.
Dopo aver attaccato una fessura esposta, continua e verticale, abbiamo continuato per belle pareti con diverse clessidre ed un paio di passi esposti, quindi a scalare per quasi una sfilata intera di corda un'altra lunghissima e divertente fessura mai difficile, a nostro parere il tiro più bello e sfizioso, per uscire quindi infine con attenzione con un'ultima lunghezza delicata, non tanto per le difficoltà ma quanto per la quasi improteggibilità del lungo tratto e dalla qualità non eccelsa della roccia.
Finite le difficoltà alpinistiche, la pendenza si abbatte decisamente consentendo un'eventuale salita fin sul filo di cresta del Corno Piccolo. Noi abbiamo optato per la discesa con le corde doppie lungo la via percorsa sulle ottime soste attrezzate che avevamo trovato in salita.

sabato 8 agosto 2015

--immersioni: "MENO VENTI"


I vari anticicloni africani da un mese abbondante fanno sentire i loro sbuffi infuocati anche su tutta la fascia dei paesi che si trovano a nord del Mediterraneo, ed infatti quest'anomala estate 2015 di sicuro sarà ricordata come una stagione con periodi prolungati di caldo torrido.
Le acque del Lago di Castelgandolfo nelle "normali" estate nella fascia superficiale, al massimo fanno registrare tempereture di circa 26 gradi, di per se già alte.
Nell'immersione del 5 agosto scorso non appena dal greto del lago ci siamo infilati nell'acqua, abbiamo subito percepito un insolito più che tiepido.
Un sguardo agli strumenti al polso e quasi non credevamo ai valori che ci venivano indicati: acqua a 30°! Abitualmente preparato ad affrontare con le precauzioni ed attrezzature le acque mediamente fredde di questo posto, il nuovo fattore mi sconcerta un po'.
Già abbondantemente accaldati nella fase preparatoria con le pesanti mute di gomma neoprenica addosso all'afa di 35° dell'aria, l'ulteriore abbraccio caldo dell'acqua del lago non è stato proprio gradevole.
La pratica, la frequentazione e la conoscenza di questo sito d'immersione, non mi faceva illudere più di tanto. So perfettamente che sotto si nuoterà dentro un'acqua fredda.
Tanto è stato.
Appena superata la prondità di 12-15 metri, di colpo abbiamo sentito avvolgerci prima da un piacevole e breve fresco, seguito immediatamente dopo dal perenne freddo delle fasce profonde: 10°.
Insomma, il nostro viaggio d'immersione è stato anche un viaggio con il termometro: un bel salto in basso di "MENO VENTI".
Un'ultima nota: nella fase di decompressione rientrati vicino la superficie dove l'acqua era più calda, mi sono perfino sfilato il cappuccio della muta, operazione insolita mai effettuata prima.

sabato 1 agosto 2015

^^montagna: "VIA DIRETTA AL CAMBI"



Il 25 luglio 1930 Bruno Marsili ed Antonio Panza, con "piramide umana" nella parte bassa del camino d'attacco, aprirono questa "diretta" sulla parete nord-ovest del Torrione Mario Cambi al Gran Sasso d'Italia.
Noi dopo averla ripetuta e non con "piramide umana" nei primi metri aggettanti, che si propone con appigli per le mani fatti di fasce di calcare orientati verso il basso e spesso anche amovibili se sollecitati oltre misura, possiamo tranquillamente affermare che quei "gransassisti" pionieri, di sicuro avevano una specie di senso del pudore, se così si può dire, nei confronti dei colleghi che nella stessa epoca girovagavano con corde, chiodi e zaini per l'arco Alpino.
Quel senso del pudore che, a posteriori con gli occhi di oggi, potrebbe essere definito anche come un'estrema discrezione sconfinante quasi in una specie di complesso d'inferiorità di capacità alpinistica rispetto ai già più che noti colleghi del nord, aveva come effetto quello di far loro sottostimare le difficoltà realmente affrontate nelle arrampicate.
Questa "diretta" che si affronta dopo un lungo avvicinamento da noi percorso da Campo Imperatore prima per sentiero escursionistico, poi per ferrata ed infine per sentiero alpinistico (passi di II° in salita ed in discesa), si snoda per una serie di camini e fessure di calcare decisamente poco compatto, che a nostro dire nei singoli passaggi tecnici offre difficoltà fino al V° superiore, ma che sono stati relazionati dagli apritori come di III° e IV°! La via tutto sommato è breve e si risolve in quattro tiri, ma per i motivi di cui sopra non è assolutamente da sottovalutare.
L'ambiente isolato di questo angolo dell'alto Gran Sasso offre agli occhi un affaccio unico sul ghiacciaio del Calderone, ed allo spirito il sapore di una scalata d'altri tempi.