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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea, dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.) e fin da ragazzo frequentatore della montagna, costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

domenica 31 luglio 2011

--immersioni: "UNA SETTIMANA DOPO: RISORGENZA LA FOCE"

UNA SETTIMANA DOPO. Viste le quanto mai ottime ed irripetibili condizioni di visibilità in acqua trovate in grotta sette giorni fa, Massimo propone di "battere il ferro fin quando è caldo", e quindi di approffitarne per un nuovo tuffo. Per movimentare tutte le attrezzature sub caricate in spalla ci siamo sobbarcati, sudando e faticando non poco, in tutto ben 6 viaggi in salita ed altrettanti in discesa, camminando su un ripido sentierino più, logicamente, la nuotata subacquea lunga ad occhio e croce circa 800 metri dentro un budello allagato...

lunedì 25 luglio 2011

--immersioni: Risorgenza "LA FOCE"


Speleosubacquea nei monti Simbruini. Con una strada tutte curve e tornanti, attraverso il boscoso Appennino dei monti Simbruini, scendiamo sul versante laziale in direzione di Trevi(FR). Superato il paese percorriamo ancora qualche chilometro prima di immetterci su una carrareccia ghiaiosa per fare l'ultimo breve tratto verso la meta del nostro viaggio iniziato qualche ora prima da Pescara.
In uno slargo accostiamo e scendiamo dalle auto. Finalmente possiamo sgranchirci un po' le gambe costrette in anomale posizioni a causa della diverse sacche e borse, contenenti voluminose attrezzature subacquee varie stipate in ogni angolo possibile per ottimizzare i già ristretti spazi interni dell'abitacolo del veicolo.
Scarichiamo tutte le attrezzature, formano un bella catasta di roba che con pazienza e fatica dovrà essere trasportata per circa 500 metri con almeno un paio di viaggi a testa all'andata ed altrettanti a ritorno, fino all'ingresso dell'antro sommerso che andremo ad esplorare.
Dal punto nel quale ci troviamo uno stretto viottolo nascosto nel sottobosco con una lunga diagonale in discesa si porta verso il basso fino al torrentello che scorre in fondo a questa valle.
Iniziamo prima con i carichi pesanti. A vicenda ci aiutiamo a mettere in spalla i bibombola e con cauti passi iniziamo il primo viaggio. In un paio di punti il piede deve essere delicato e soppesato a causa di scivolosi e ripidi gradini terrosi. Superati quelli però si tratta solamente di sudare e sgobbare.
Così si arriva fino all'alveo del fiumicello e, grazie a qualche sasso più grande, con sicuri appoggi lo guadiamo. Dalla destra giunge un altro rivolo d'acqua. Andiamo in quella direzione e dopo poco scarichiamo le pesanti bombole a terra, il primo viaggio è andato. Però prima di risalire su all'auto per continuare lo scarico delle attrezzature, superiamo uno piccolo sperone roccioso per buttare uno sguardo al punto nel quale entreremo in acqua. Nel fondo di una piccola e muschiosa grotta in penombra, c'è un minuscola pozza d'acqua cristallina dalla superficie di qualche metro quadrato. E' evidente che il livello è più basso del solito, infatti mettiamo i piedi c'è uno scivolosissimo e sottile strato di sedimento depositato dal ritirarsi delle acque. Un occhio non pratico non riterrebbe possibile che da quella che a prima vista sembrerebbe essere poco più di una pozzanghera inizi un sifone sommerso lungo diverse centinaia di metri che si addentra in profondità nelle viscere del calcare. Ci scambiamo opinioni su come effettuare l'ingresso in acqua e poi via a risalire il sentiero già fatto per continuare il necessario lavoro di facchinaggio.
Su e giù fatichiamo e sudiamo ancora due volte a completare tutto il trasporto.
Poi, all'ombra fresca, sdraiati o seduti riposiamo per recuperare energie, bevendo e mangiando mentre impostiamo il piano della penetrazione che andremo a fare.
Arrivati alle otto del mattino inizieremo l'immersione a mezzogiorno, e questo per dire quale sia stata l'entità del lavoro fin'ora svolto. In genere gli speleosub che visitano questa grotta impiegano due giorni: il primo per compiere il trasporto ed il secondo, dopo avere recuperato con una bella dormita, per l'immersione vera e propria.
Rilassati quel tanto che basta iniziamo quindi a preparaci assemblando prima gli autorespiratori e poi indossando sottomuta e mute stagne. Effettuaiamo un ultimo controllo ai sistemi d'illuminazione che ci porteremo appresso, ed una volta pronti ci avviamo verso il piccolo specchio d'acqua nel quale c'infileremo.
Uno alla volta, dalla piccola spiaggetta di sassi scivolosi, infiliamo le pinne ed entriamo nell'acqua, stretti gli uni agli altri per il poco spazio a disposizione.
Ennesima regolazione e quindi l' O.K.: iniziamo il viaggio.
La luce naturale, seppur attutita dalla penombra del sottobosco, di colpo si spegne e si entra nel regno del buio assoluto che da questo momento sarà rischiarato solamente artificialmente dai nostri illuminatori subacquei.
Come da pianificazione procediamo in fila indiana con Giulio a fare da battistrada, Ugo subito dietro, poi io e Massimo a chiudere.
il filo guida sarà il nostro quinto ed inseparabile compagno d'immersione, il filo d'Arianna. E' un cavetto bianco posizionato dagli abituè di questa grotta sommersa, si snoderà di continuo davanti ai nostri occhi.
Siamo entrati in un mondo onirico: un tunnel sommerso a volte più largo ed a volte più stretto caratterizzato da stalattitti, stalagmiti ed altre strane formazioni causate dal gocciolio dell'acqua ricca di calcare quando l'antro non era allagato, e le torce sub, proiettando i loro fasci su queste strutture, creano degli strani giochi di ombre e luci in continuo movimento e sembra che di colpo tutto l'immobile mondo attorno a noi si animi di vita propria.
Stiamo percorrendo una sezione lunga più o meno circa 350 metri rimanendo ad una quota media, rispetto al livello odierno, di circa 5-6 metri di profondità. In questo tratto naturalmente il tragitto non è lineare. Ci sono delle curve a destra ed a sinistra, delle risalite, delle basse strettoie dove bisogna nuotare con le pinne il più possibile schiacciati sul fondo.
Oggi ci dice bene, infatti l'acqua è di una straordinaria limpidezza che rende ancor più entusiasmante questo viaggio.
Tra le mani stringo le maniglie della custodia della fotovideocamera subacquea con su montato il potente illuminatore. Progredire in questa maniera mi crea un po' più di resistenza all'acqua, però se voglio riportare delle immagini è il piccolo prezzo che personalmente dovrò pagare come pegno all'insolito fantastico panorama che i miei occhi hanno la fortuna di poter osservare.
Tra noi pochissimi ed essenziali segnali, basta vedere reciprocamente tutte le luci per avere, senza specifiche comunicazioni, il quadro della situazione di tutto il gruppo.
Siamo giunti al termine del lungo e tortuoso tunnel prima che questo, con angolo deciso, picchi verso il basso scavalcando una sella di roccia.
Il corridoio si allarga e sotto di noi possiamo ora osservare il budello che scende invitantemente giù. Sul pavimento c'è una scura sabbia vulcanica. Lo percorriamo per un pezzo verso il basso, poi devo interrompere la discesa perchè un orecchio incomincia a fare i capricci e non lo riesco a compensare. Risalgo qualche metro per decongestionarlo. Niente. Ripeto l'operazione ancora un paio di volte: non se ne parla proprio. I miei amici aspettano lì vicino. Provo per l'ultima volta. No, la tuba di Eustachio è tappata, non va. Segnalo il pollice verso l'alto: si risale, si esce.
Non ci fermiamo a comunicarci il perchè ed il per coome. Questo segnale significa che un componente della squadra ha un inconveniente che non riesce a risolvere e bisogna quindi iniziare il percorso di ritorno.
Come zuccherino, mi consolo dicendomi tra me e me che più o meno tutti eravamo giunti come consumi al punto di ritorno, e che quindi se non mi si fosse presentato il problema la discesa sarebbe durata ancora per poco.
Prima di ripercorrere il lungo tunnel riemergiamo in una bolla d'aria dove ci scambiamo entusiastiche impressioni reciproche e dove posso spiegare il motivo del mio stop al proseguire.
Via ancora giù, abbiamo ancora parecchia strada da percorrere seguendo il fidato filo d'Arianna.
Scatto foto e faccio videoriprese ai miei compagni d'immersione incorniciandoli in quadri surreali sospesi a mezz'acqua tra rocce sommerse pennellate dalle sfumature azzurre, riflesse delle torce subacquee.
Una pinneggiata dietro l'altra senza interruzione, accompagnate dal costante borbottio del rumore delle bolle di scarico dell'autorespiratore ci fanno avanzare verso l'uscita, fin quando il nero che si vede oltre l'alone delle luci artificiali varia in un tenue azzurrino sfumato, siamo giunti all'uscita, il viaggio e terminato.
Una lieve pressione al pulsante di carico del giubbetto ad assetto variabile ci fa perdere l'assetto neutro e ci troviamo così a galleggiare ancora stretti gli uni agli altri in quella stessa pozza che prima ci aveva visti ancora assieme.
E' così sempre per tutti i sub: ogni volta che si riemerge da un'indimenticabile immersione, l'entusiasmo di dentro sgorga fuori in un fiume di inarrestabili parole con le quali ci scambiamo le insolite emozioni vissute.
Indimenticabili, però, saranno anche i tre viaggi con i carichi delle pesanti attrezzature che ci aspettano!

Giacinto Marchionni

lunedì 18 luglio 2011

^^montagna: "via BACHETTI-CALIBANI"

Nel settore di destra della parete nord del Corno Piccolo, sale questa "via" aperta da Francesco Bachetti e Maurizio Calibani il 27 settembre del 1968, che con "linee" di scalata fatte di rampe, fessure e diedri, risale fino in fil di cresta.
Per l'occasione si unisce alla nostra cordata l'amico Mauro, casualmente reincontarto al piazzale dei Prati di Tivo dopo un anno.

domenica 10 luglio 2011

^^montagna: "KONTIKI"

Nel 1947 l'esploratore norvegese Thor Heyerdahl ed un manipolo di uomini attraversò l'oceano Pacifico meridionale in fil di corrente, partendo dalle coste dell'America del sud fino agli atolli della Polinesia.
La cosa straordinaria fu che compirono questa crociera a bordo di una zattera, che chiamarono KONTIKI, costruita in balsa e bambù (gli stessi materiali usati dai trasmigratori alla loro epoca) per dimostrare che quelle sperdute isolette furono colonizzate dalle popolazioni Inca. Fu una straordinaria avventura di mare, di scoperta ed umana.
Nel giugno del 1981 due scalatori, Paolo Abbate e Maurizio Tacchi, sulla parete nord del Corno Piccolo aprirono una via alpinistica su roccia chiamandola "KONTIKI".

giovedì 7 luglio 2011

--immersioni: "DI NOTTE LE TROTE"

Lo stesso lago, che di giorno sembra un sito sommerso inanimato, la notte si propone con una veste totalmente diversa con le sue trote appoggiate sul fondo.

lunedì 4 luglio 2011

--immersioni: "LIGHTS"

Le lame luminose di potenti torce subacquee, sono le protagoniste e fanno spettacolo nel buio di un bacino di montagna.