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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea, poi dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.) e fin da ragazzo frequentatore della montagna, costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

lunedì 21 dicembre 2009

^^montagna: "UNA STUPENDA META"

Una vetta situata all'interno del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, La Meta (2242mt.) salita in condizioni invernali, ci ha offerto una grande giornata nella natura.

Superbi i panorami che si potevano osservare dalla cima che abbiamo raggiunto dalla piana di Campitelli, vicino ad Alfedena (AQ).

In cresta la notevole massa di neve con il vento creava delle cornici che sporgevano sul versante nord della montagna.

Un bel branco di camosci stazionava poco sotto la cima, mentre nella discesa fatta nella Val Pagana abbiamo visto nette nella neve gelata delle inconfondibili peste d'orso.



lunedì 31 agosto 2009

^^montagna: "S.U.C.A.I."

Sulla parete est della vetta occidentale del Corno Grande al Gran Sasso d'Italia c'è la via "S.U.C.A.I.", acronimo di Sezione Universitaria del Club Alpino Italiano.
Una cordata di quel gruppo formata da Paolo Consiglio, Marino Dall'Oglio, Luciano Sbarigia e Raoul Beghè, l'aprì il 2 ottobre del '48.
E' una bella via di IV° grado su roccia buona e compatta che risale la lunga falesia di quella parte della montagna.
In una domenica di agosto del 2009 dopo essere partiti da Campo Imperatore, passando per il "Sassone" e per un tratto di sentiero attrezzato a ferrata che va al bivacco Bafile, la raggiungiamo non prima di aver superato uno spesso accumulo di neve ancora presente, nonostante fossimo in estate inoltrata.
In due cordate, Italo con Mirko ed io assieme a Gino, ci siamo arrampicati avendo alle spalle questa parte del Corno Grande decisamente selvaggia.
I diversi tiri salgono la parete come in una diagonale che va da destra a sinistra intervallata da esposte cengie e balconi di roccia che offrono dei naturali punti di sosta. Usciti dalle difficoltà alpinistiche, quindi siamo arrivati sulla vetta più alta del massiccio e dell'intero Appennino, il Corno Grande, a 2914 metri.
Siamo ridiscesi passando sulla "via delle Creste" che offre dei bei panorami sulla vicina cima dell'Intermesoli.

lunedì 15 giugno 2009

^^montagna: MONTE PESCOFALCONE 2657 MT.

Sul versante ovest della MAJELLA diversi canali, che localmente sono chiamati "rave", paralleli tra di loro, incidono il fianco del gruppo montuoso. Nella metà di giugno del 2009 Gino ed io abbiamo risalito quello che è detto della RAVA DEL FERRO. Lasciata l'auto al termine della sterrata di LAMA BIANCA a quota 1500 metri, immediatamente abbiamo superato una ripida strettoia tra le ripide balze rocciose, naturale varco di apertura al il vallone che, allargandosi, si snoda spettacolarmente verso l'alto con immutata pendenza che s'impenna ancor di più nella parte alta. Superato questo "strappo" con sudore, con passo appena un po' meno tosto di prima, si giunge, camminando per un tratto sulla durissima e "trasformata" neve d'inizio estate ancora presente, sull'arrotondata vetta del PESCOFALCONE a quota 2657 metri. Da qui la vista si apre sulle "lunari" cime della Majella, tra le quali un po' di più rispetto alle altre svetta il MONTE AMARO con i suoi 2793 metri. Con il bel sole e l'aria tiepida del mattino presto, alle nove eravamo giunti, ci siamo goduti un bel momento di riposo con gli occhi che potevano spaziare liberi nell'aria delle alte quote abruzzesi. In discesa sullo stesso itinerario di salita eravamo spiati da un branco di camosci che si era arrampicato sopra impossibili balconcini rocciosi alla ricerca di teneri germogli d'erba dei quali si cibano. Per diverso tempo ci siamo soffermati ad osservarli nelle loro faccende, prima di riprendere la via verso il basso. Al termine della bella ascensione, come da copione, classicamente ci siamo fermati al solito "Bar Majella" di Sant'Eufemia per tracannarci una spumeggiante birra rigeneratrice.


sabato 30 maggio 2009

^^montagna: "SCIALPINISMO SUL MONTE CORVO"


Magggio 2009
Per questa ascensione scialpinistica sul monte Corvo, alto 2623 metri e situato nel gruppo del Gran Sasso d'Italia, nonostante fosse il mese di maggio abbiamo trovato un buon innevamento.

lunedì 25 maggio 2009

--immersioni: L'ANSA DELLE SIRENE

A maggio del 2009, a coronamento di una splendida settimana d'immersioni sulla calabra COSTA VIOLA, io ed Ugo decidemmo di fare un tuffo all'ANSA DELLE SIRENE.
Viste le profondità che dovevamo raggiungere, con il prezioso appoggio logistico del caro amico Franco Santoro organizzammo il tutto aiutandolo nella preparazione delle miscele nitrox e trimix che ci sarebbero servite. Partimmo dal porto di Palmi e con una mezz'oretta di tranquilla navigazione in gommone raggiungemmo il sito d'immersione.
Con scrupolo ci preparammo. Indossammo i "gruppi", agganciammo la bombola con la miscela di viaggio (nitrox) di lato e saltammo in acqua.
A sei metri di profondità fissammo sulla cima dell'ancora del natante la bombola di ossigeno che avremmo adoperato per la decompressione. Solo allora iniziò la discesa vera e propria. La strada che dovevamo seguire era semplice e chiara: bastava posizionarsi sulla linea di massima pendenza facilmente individuabile su quel ripidissimo declivio sommerso ed andare giù. In quella fase non ci soffermammo ad osservare la stupenda foresta di gorgonie sulla quale stavamo transitando perchè l'obbiettivo era quello di scendere il più velocemente possibile.
A 35 metri sostituimmo la cosidetta "miscela di viaggio", il nitrox, con quella il trimix di "fondo". Le cifre digitali dei profondimetri iniziarono ad incrementare i loro valori: 60, 65, 70 metri.
A questa quota la luce decisamente scemò, facendoci trovare dentro uno scurissimo crepuscolo. A 75 metri fu come affacciarsi al limite di una smisurata balconata: al già inclinatissimo fondo, di colpo si sostituì una parete verticale.
Le torce sub sondavano il buio sotto le nostre pinne perdendosi nel vuoto dell'acqua nerissima. I profondisti sub locali non sanno dove questa fantastica falesia abbia termine.
Avevamo ancora da percorrere sotto una quindicina di metri. Ci controllammo l'ennesima volta prima di fare l'ultimo salto. Via, con calma. 85....90...alt, questo è il limite programmato.
Già normalmente durante un'immersione ad una ventina di metri di profondità il tempo sembra correre, figurarsi allora a quella quota. Ogni minuto era prezioso. Tutta la parete era coperta da piccoli rametti di corallo rosso che, in quel perenne buio, venivano svegliati dalla luce dei nostri fari. Avevano tutti i rami con le "infiorescenze" bianche dei polipi aperte. Spettacolo nello spettacolo. Vicini l'un l'altro sostammo il tempo dovuto dentro quell'acqua tanto lontana dall'aria poi, sempre con l'attenzione calamitata dal richiamo delle SIRENE del mare profondo che c'era sotto le nostre pinne, lentamente, purtroppo, iniziammo la lunga "scalata" verso l'aria.
I nostri sguardi s'incrociarono increduli mentre lasciavamo il magico tratto verticale per riportarci sul limite superiore di quel trampolino a 75 metri. Da quel momento potevamo davvero goderci la meravigliosa ed intricata foresta di paramuricee che diventava fittissima e rigogliosa via via che salivamo di quota. Notammo anche qualche ramo giallo di gerardia savaglia, il cosidetto falso corallo nero.
Alla massima profondità raggiunta eravamo ubriachi del nero intorno a noi mentre in quella fase lo fummo dal rosso delle gorgonie: bellissime!
Incontrammo a 50 metri il terzo amico che si era dedicato ad un solitario tuffo in quei paraggi e percorremmo un tratto d'asecsa assieme. A 35 metri riprendemmo a respirare il nitrox di viaggio che ci avrebbe accompagnato fino alla lunga tappa di decompressione a 6 metri da fare in ossigeno puro.
Trasparenti claveline, una piccola murena in tana, coloratissime paretine concrezionate, uno stranissimo e sottilissimo essere filiforme che ondeggiava, insomma non c'era da annoiarsi neanche durante l'ultimo doveroso e necessario stop.


mercoledì 25 febbraio 2009

--immersioni: "DISPOSITIVO AMPLATZER"

"DISPOSITIVO AMPLATZER"
Questo romanzo di Giacinto Marchionni delinea una storia originale, in cui i veri protagonisti sono forse la passione per le immersioni e il mondo marino, parafrasando l'Autore un vero e proprio "viaggio dentro l'acqua" ricco di risvolti allegorici. L'abilità dell'Autore è proprio nel rendere scorrevole e coinvolgende una narrazione originale e suggestiva, così che le immersioni diventano simbolo delle sfide dell'uomo all'esistenza, componendo un romanzo di grande forza sul piano allegorico. (L'Editore)

febbraio2009
ISBN 978-88-7433-551-0
Edizioni Tracce - Pescara

INTRODUZIONE
A volte parlando d'immersioni con conoscenti ed anche amici di vecchia data mi rendo conto, guardando l'espressione dei loro volti e da quello che mi dicono, che non abbiano ben chiaro perchè e che cosa uno vada a fare sott'acqua. Le loro incomprensioni ed interrogativi si stampano ulteriormente sui loro visi quando, nelle domeniche d'inverno, mi vedono partire per andare sotto i flutti.
Probabilmente nelle loro menti c'è l'immagine stereotipata di sub che s'immergono in caldi mari tropicali, oppure la fotografia di sommozzatori con le bombole sopra le spalle che, sotto le pericolose onde, vanno ad ammazzare pesci da mangiare o mostri marini. Forse quest'icona poteva andar bene negli anni '50, '60 e '70, quando schiere di sub, grazie alla commercializzazione dell'autorespiratore, hanno iniziato a scendere sott'acqua con lo schioppo in mano, riempiendo carnieri pieni di prede.
La realtà odierna è ben lontana da questa cartolina turistica spettacolare che si trova ancora immagazzinata nei pensieri della stragrande maggioranza delle persone che conoscono per sentito dire l'attività subacquea.
I tempi sono cambiati, e quella che una volta poteva essere l'unica motivazione dell'andar sott'acqua, la passione venatoria, ora è soltanto un lontano ricordo evocato alla vista di qualche fotografia in bianco e nero raffigurante un sorridente sommozzatore con muta, bombole in spalla, fucile in mano ed ai suoi piedi una schiera di pesci infilzati dal suo arpione.
Più che mai al giorno d'oggi il tempo è prezioso, è denaro, in ogni attimo della giornata esso deve essere speso bene, deve fruttare, deve dare un tornaconto. Il fatto di fluttuare in un mondo senza peso, placido, onirico, con lenti movimenti, ci allontana almeno per qualche tempo dalla frenesia quotidiana.
Come gli alpinisti e gli escursionisti girovagano sulle montagne, i "sommozzatori sportivi" vanno sott'acqua senza nessuna motivazione utilitaristica, solo per il gusto di farlo e vedere cose inconsuete.
Ho deciso di prenedere carte e penna e raccontare quella che per me è una passione veramente grande.
Per quanto possa esser lunga una discesa, sessanta, cento minuti o più, sembra sempre che il tempo sia volato via e bisogna per forza di cose, purtroppo, risalire per riattraversare la linea di confine tra acqua ed aria.
Ogni tuffo è cosa a sé, e la storia di un "sommozzatore" non è altro che la somma delle tante piccole, ma grandi, storie delle sue immersioni.
... Giacinto Marchionni